Quali sono i consumi culturali delle comunità straniere a Torino
Presentati i risultati di un'indagine dei ricercatori del Dipartimento "Cognetti de Martiis", che rappresenta uno dei primi tentativi di affrontare il tema come strumento di integrazione
Con la crescente attenzione al fenomeno dell'immigrazione, la comprensione del modo in cui le comunità di immigrati hanno accesso e fruiscono beni e attività culturali nei Paesi di destinazione può aiutare a comprendere un'ulteriore dimensione del complesso processo di integrazione, sia economica che sociale, la cui analisi è stata solitamente confinata al mercato del lavoro e alle condizioni sociali più generali.
Un team di ricercatori del Dipartimento di Economia e Statistica “Cognetti de Martiis” dell’Università di Torino ha voluto indagare "Il ruolo dei consumi e delle pratiche culturali degli immigrati nei processi di integrazione" e martedì, 8 novembre, ha presentato i risultati dell'indagine conoscitiva, realizzata con Chair Jean Monnet in European Migration Studies e il sostegno di Fondazione Crt, nella Sala Lauree Blu del Campus Luigi Einaudi.
La ricerca rappresenta uno dei primi tentativi di affrontare con un approccio quantitativo il tema dei consumi e delle pratiche culturali dei residenti stranieri a Torino per favorire un dibattito sulla sperimentazione di politiche culturali innovative. La popolazione di riferimento è costituita dalle più importanti comunità straniere residenti nel capoluogo piemontese quali Cina, Costa d'Avorio, Egitto, Filippine, Marocco, Nigeria, Pakistan, Perù, Romania, Senegal, e Somalia.
I risultati indicano che, anche tenendo conto delle caratteristiche individuali che normalmente spiegano la propensione e intensità alla partecipazione culturale, il livello di permanenza degli immigrati, il loro inserimento occupazionale e, in misura minore, il background culturale giocano un ruolo importante nello spiegare le differenze nei consumi culturali.
L'indagine ha notato una certa tendenza stabile delle comunità Rumena, Peruviana e Marocchina ai consumi delle varie attività culturali (cinema, libri, teatro, musei, concerti, biblioteche, eventi sportivi, sale da ballo, feste di comunità). Complessivamente, considerando l’insieme delle comunità, andare al cinema è l’attività più partecipata, al contrario assistere ad un evento sportivo, andare a teatro, in un luogo da ballo ed in biblioteca risultano essere le attività culturali meno svolte dai cittadini stranieri a Torino.
Ogni comunità ha delle preferenze culturali collegate alla storia del paese di origine e alle storie di vita degli immigrati. Alcune comunità sono più concentrate in determinate attività culturali anche se il cinema dato il suo più basso costo resta importante per molte comunità (Egitto, Filippine, Perù, Romania, Pakistan, Somalia) mentre per la comunità Nigeriana la frequentazione di concerti domina significativamente le preferenze rispetto a tutte le altre attività, così come per la comunità Pakistana ed Egiziana la quota di partecipazione alle visite ai musei è pari a quella per gli spettacoli cinematografici.
Dall’indagine è possibile trarre alcuni spunti di riflessione sul ruolo e sull'efficacia delle politiche culturali finalizzate a favorire l’integrazione degli immigrati nel contesto italiano. Se l’inclusione culturale ha importanti benefici, sia per l’integrazione economica che sociale, due potenziali strategie complementari sarebbero perseguibili.
La prima strategia implica una maggior apertura delle istituzioni culturali ai cittadini stranieri con politiche specifiche di avvicinamento culturale, come negli anni diversi istituzioni torinesi hanno dato prova sia stimolare la domanda di nuovi pubblici sia in una prospettiva di welfare culturale.
La seconda strategia fa leva invece sul ruolo stesso dei gruppi e delle associazioni che aggregano le comunità di stranieri in città. I dati raccolti indicano chiaramente come, tra le attività ricreative più comunemente svolte, la partecipazione ad eventi e iniziative della comunità prevalga. In questa prospettiva, creando attività nelle sedi delle comunità e con le comunità aumenterebbe la probabilità di successo e fornirebbe, anche alle istituzioni culturali locali, un nuovo modello di dialogo e avvicinamento culturale. Se da un lato questa seconda strategia tende a riprodurre una segmentazione della comunicazione culturale, dall’altra potrebbe costituire la tappa iniziale per un percorso che, attraverso l’avvicinamento culturale e una maggior conoscenza della cultura della società di destinazione, favorisca l’inclusione economica e sociale.