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19 Jan 2016

Traguardo per la ricerca universitaria: scoperto un gene che protegge dagli effetti del diabete

Ricerca Laboratori Provette

La scoperta rappresenta un importante punto di partenza per prevenire le complicanze del diabete in modo risolutivo

Ascolta l'intervista al Prof. Massimo Porta

Uno studio condotto dal Dipartimento di Scienze Mediche dell'Università di Torino coordinato dal Prof. Massimo Porta e dai ricercatori di medicina interna 1 universitaria delle Molinette ha rivelato per la prima volta, come la mutazione di un gene chiamato Slc19a3, trasportatore della vitamina B1, possa proteggere dallo sviluppo di gravi patologie correlate al diabete, cioè la retinopatia e le forme più gravi di insufficienza renale.

La scoperta, condotta dai ricercatori torinesi insieme a colleghi finlandesi e americani, è stata recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Diabetes, l'autorevole organo della American Diabetes Association.

La ricerca è il proseguimento di un lavoro del Dipartimento di Scienze mediche dell'Università di Torino che già nel 1996 aveva scoperto come la vitamina B1, anche nota come tiamina, fosse in grado di correggere le alterazioni provocate dagli alti livelli di glucosio.

Per verificare l’ipotesi ci si era rivolti al professor Per-Henrik Groop, responsabile a Helsinki del Finnish Diabetic Nephropathy (FinnDiane) Study, un gruppo di ricerca che ha raccolto la maggior casistica mondiale di pazienti con diabete tipo 1, analizzandone l’intera sequenza genomica e raccogliendo molti altri dati rilevanti, tra i quali i livelli di retinopatia e nefropatia ed il grado di compenso glicemico e pressorio.

È stato così possibile identificare due mutazioni puntiformi (single nucleotide polymorphisms o SNP) vicine al gene SLC19A3, che codifica per il trasportatore della tiamina hTHTR2, che risultano con altissima significatività statistica protettivi nei confronti delle forme più gravi di retinopatia ed insufficienza renale, indipendentemente dal compenso glicemico e da tutte le altre variabili cliniche.

I risultati sono stati in parte replicati nei pazienti di altre due casistiche statunitensi indipendenti, il Diabetes Control and Complications Trial (DCCT/EDIC) e il Wisconsin Epidemiology Study of Diabetic Retinopathy (WESDR), confermando l’effetto protettivo di una delle due mutazioni di SLC19A3 identificate in Finlandia ed aumentandone la significatività statistica fino al livello di genome-wide significance sia prima che dopo correzione per il grado di compenso glicemico e gli altri dati clinici.

Secondo il Prof. Porta "al momento è ancora presto parlare di test genetici, ma la scoperta rappresenta un importante punto di partenza per pensare in futuro di introdurre terapie e farmaci che possano prevenire le complicanze del diabete in modo risolutivo".

Ascolta l'intervista al Prof. Massimo Porta

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